“e torno a casa con la faccia sporca di costellazioni”,
cantava Marco un anno fa.
Non saprei dire, di preciso, se la mia faccia sia sporca di
costellazioni dopo queste due settimane, ma posso dire con certezza che, se lo
fosse, sarebbero senza dubbio tutte costellazioni felici.
Ad un anno di distanza dall’ultimo instore tour, mi ritrovo
esattamente nella stessa posizione: seduta alla mia scrivania, mentre cerco le
parole giuste per poter descrivere e raccontare ciò che questa nuova avventura
ha significato per me.
Un anno fa ho fatto i bagagli e ho seguito Marco per tre
giorni consecutivi, prendendo le coincidenze più assurde e tutti i mezzi
pubblici possibili e immaginabili. Col sorriso. Con la consapevolezza di andare
verso qualcosa di così grande da non poter essere specificato.
Quest’anno, mi rendo conto, non è cambiato poi tanto. Sono cambiati
i posti, e anche i mezzi di trasporto. Ciò che non è mai cambiato è il sorriso.
E quella vecchia consapevolezza che ormai mi accompagna da anni.
Posso dire che però altre due cose sono cambiate: la persona
con cui ho percorso ogni singolo km di questo viaggio (sempre abituata a lunghi
viaggi su un treno per conto mio) e la serenità che ha accompagnato ogni
spostamento e ogni appuntamento.
Qualcuno potrebbe non capire l’ultima parte, ma so che i più
lo faranno.
Negli anni, soprattutto gli ultimi a dire il vero, ci siamo
sempre dovuti preoccupare di ogni minimo dettaglio: “ma la musica ci sarà? Pensi
che dovremmo portare lo stereo, nel caso non ci fosse?”, “e la SIAE sarà stata
pagata?”, “ma il pennarello glielo daranno?”, “ma i cd saranno abbastanza?”, “avranno
fatto pubblicità?”. Tutta una serie di domande e preoccupazioni che non ci
hanno probabilmente fatto vivere le cose come avremmo dovuto: da fan. Da persone
che si muovono per vedere il proprio cantante preferito e basta. Così, quanto
quest’anno arriviamo ad ognuna delle singole tappe e troviamo tutto
assolutamente perfetto, ci sembra incredibilmente strano. Incredibilmente impossibile.
Incredibilmente vero. Come se per noi non fosse scontato. Quest’anno sai per
certo che la musica suonerà forte, che i pennarelli saranno come minimo due (e
di colore diverso), che il suo team ha spinto per portare i cd, che la
pubblicità è stata fatta, che Radio Sintony lo seguirà come un'ombra e puoi aprire le scommesse su chi sarà l’accompagnatore
del giorno. Sarà Stefano? Manuela? Vito? La ragazza bionda di Alghero (scusa
ragazza bionda, non conosco il tuo nome!)? E se sei poi così fortunato da poter
partecipare alla data zero di questo instore tour, scopri addirittura che gli
accompagnatori sono due e la cosa ti lascia talmente sorpreso e senza parole
che potresti iniziare seduta stante una danza di ringraziamento a qualsiasi
divinità o forza celeste abbia fatto sì che Marco incontrasse la strada di
queste persone.
Si respira un’aria nuova, ed è bello. Bello vedere con i
propri occhi e poter confermare quello che Marco ripete da un po’ “questo è l’album
della svolta”. Questo album è di Marco. È scritto, suonato, arrangiato e cucito
su Marco. È Marco in tutte le sue sfumature, e se sei una persona attenta e hai
la fortuna di conoscerlo da un po’, ritrovi piccole (o grandi) parti di lui in
ogni canzone. Ritrovi la sua voce, che forse non è mai stata così bella. Scopri
tutte le sfaccettature dei sound che non hai mai pensato potessero stargli così
bene.
E trovi Marco. Semplicemente Marco. Lo trovi ad ogni sorriso
sincero, ad ogni occhietto lucido nel constatare quanto ancora le persone gli
vogliano bene. Quanto il fatto che sia un po’ “sparito” dalle scene televisive
non abbia assolutamente cambiato il fatto che le persone lo stimano, lo
apprezzano. E lui lo sa. Adesso, forse più che mai, lo sa nel profondo e lo può
vivere con una serenità diversa.
Una serenità che traspare in maniera così evidente da
renderla palpabile. Una serenità che è contagiosa.
Ho avuto la grande fortuna di poter vivere e partecipare a
tutte e tre le date in Sardegna, e per questo non dirò mai abbastanza grazie.
Ho avuto la fortuna di avere una compagna di viaggio
impeccabile, qualcuno che mi ha incluso in ogni spostamento, qualcuno che mi ha
fatto il regalo più grande domenica a Villacidro.
Ho avuto soprattutto la fortuna di poter riabbracciare una
delle persone a me più care al mondo, che purtroppo ho sempre meno la
possibilità di vedere, a causa dei mille impegni e delle mille responsabilità
che sembrano far parte del mondo degli adulti (nessuno mi aveva avvisato di questa cosa, tra parentesi). Ma alla fine ci ritroviamo
sempre. E ritrovarci in queste occasioni è una gioia doppia. Poter condividere
sempre insieme l’emozione di ritrovarci davanti alla persona e all’artista che
ci ha fatto conoscere, avvicinare, affezionare.
E ho avuto l’incredibile fortuna di poter vivere Marco, per
tre giorni che non sono assolutamente abbastanza, ma sono comunque qualcosa. Qualcosa
di talmente forte a livello emotivo che vorresti che ogni giorno potesse essere
così. Semplicemente felice.
Mi sono sempre sentita una ragazzina diversa dalle altre,
fin da quando ero bambina. Perché quando le mie amichette spendevano soldi in
trucchi, io preferivo conservarli per comprare un cd. Perché mentre le mie
amiche si godevano le vacanze estive, io preferivo lavorare per poter mettere
da parte i soldi che mi permettessero di andare ad uno (o più) concerti.
Tutto questo è diventato sempre più evidente da quando c’è
Marco nella mia vita. Le mie amiche andavano in discoteca, e a me non
interessava minimamente. Le mie amiche programmavano le vacanze, io programmavo
i tour. E per gran parte della mia vita mi sono chiesta cosa non andasse in me.
Perché fossi così “strana”, così diversa dalla massa. Finchè un giorno qualcuno
mi ha ricordato che essere diversi dagli altri va bene. Va bene finchè ti senti
te stessa. E io posso dire con assoluta certezze che non esiste niente al mondo
che mi faccia sentire più me stessa di queste occasioni. Quando davanti a me c’è
una transenna e un palco. Quando le casse suonano musica bella. Quando ho
qualcuno di fronte a me capace di regalarmi emozioni e sensazioni che chi non
vive non può nemmeno capire. Quando accanto a me c’è, invece, qualcuno che mi
capisce. Qualcuno che mi mette davanti all’obiettivo di una macchina
fotografica e riprende il mio sorriso. Qualcuno che mi spinge davanti al
microfono di una radio e “parla tu”. Qualcuno che mi nomina capo ultras e
pretende che faccia casino, perché per loro è normale che sia io a farlo.
Se devo scegliere la mia data preferita, in cima alla lista
metto assolutamente Villacidro, così come l’anno scorso non avevo dubbi che
fosse Sassari.
Vederlo arrivare e sentire tutto l’incredibile calore che lo
ha accolto è stato emozionante. Vederlo prendere il microfono in mano per
cantare “Il meglio sta arrivando” ancora di più. Scoprirlo felice nel vederci
cantare ogni singola canzone del cd ha reso noi doppiamente felici. Poter percepire
la sua felicità nel vedere l’immensa fila di gente che lo aspettava per farsi
firmare il cd…non avrebbe voluto essere da nessun’altra parte.
Un sorriso per tutti, sempre. Un “grazie” timido ed
emozionato, ogni volta. Uno stupore nel vedere la fila che invece di diminuire
aumentava minuto dopo minuto. È stato bello. Bello vederlo nel suo habitat. Bello
perché quando lo trovi in queste occasioni, con questo stato d’animo, sai che è
nato per fare nient’altro che questo. Sai che è nato per stare sul palco, per
regalare un’emozione. Sai che il destino, o qualsiasi altra cosa agisca al suo
posto, l’ha messo sulla tua strada per renderti felice.
Perché sì, questi piccoli attimi, questi momenti, queste
giornate, sono tutto ciò che conosco come “felicità”.
Il sentirsi parte di qualcosa, insieme a persone pure che ne
fanno parte con te. Insieme a persone che la cosa più bella che ti possono dire
è “ci vediamo domenica” o “ci vediamo presto”. E tu sai che è e sarà così. Sai che
la prossima volta ci saranno ancora tutti. Perché questo succede quando diventi
parte di qualcosa di così grande. Non te ne vai più. Non ti allontani più, perché
se ne fai parte davvero, diventa un pezzo della tua vita da cui non ti puoi più
allontanare.
E a Marco dobbiamo l’incredibile merito di aver creato tutto
questo.
Marco, io non credo che tu ti renda davvero conto di ciò a
cui tu hai dato vita. Non so se ti renda conto di quante cose meriti ancora da
questo mondo. Spero però, sempre, che ti renda conto dell’amore che hai
intorno. Spero che tu sappia che non sei solo, non lo sei mai stato. Neanche nei
momenti più duri. Neanche quando farcela sembrava così difficile. E ora, che
abbiamo percorso una salita ripidissima, so che puoi contare su un’infinità di
persone. L’ho visto in questi giorni. Ho visto l’affetto negli occhi delle
persone che ti si avvicinavano. Ho visto la costanza di chi c’è da sempre e lo
stupore di chi invece si è trovato lì per caso ma non ha potuto fare a meno di
comprare il cd e raggiungerti. Lo vedo ogni giorno, negli sforzi e nei
sacrifici di chi “dobbiamo andare”, “dobbiamo esserci”, “non possiamo mancare”.
Io, da parte mia, anche questa volta mi sento in dovere di
doverti dire grazie. Non solo per questo album, che è di una bellezza che
ancora fatico a realizzare. Ma per tutto quello che hai creato. Per aver
rischiato tutto per poter essere dove sei e chi sei. Per avermi permesso di
farne parte. Grazie per essere così diverso da tutto il resto, e per questo
così speciale. Grazie per sforzarti sempre di ricordare i nomi delle persone
che ti seguono ovunque. Grazie per essere quel tipo di persona che non dà della
pazza a Marta quando ti dice “senti sta per arrivare Giulia, lei si vergogna a
chiederti un abbraccio quindi potresti darglielo tu?”, ma spalanca le braccia, sorride e lo fa come se fosse la cosa più naturale del mondo.
Grazie per non esserti fatto cambiare. Nel dal successo, né dalle
difficoltà.
E so, che non c’è assolutamente niente di logico in questo tenerci forti a te. Ma d'altronde, abbiamo
sempre saputo di essere un po’ folli!
2 commenti:
Complimenti per queste stupende parole...hai descritto perfettamente quello che sente ognuna di noi verso questa meravigliosa persona.Grazie!
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